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20-09-2019 Torri del Vajolet, Torre Stabeler (2803m)
Giovedì 8 agosto 2019 (in realtà non ricordo la data esatta), un vecchio amico, compagno di scalate, di spedizioni, di magnate e di viaggi mi chiama:
Ale: “Ciao Alfrè, sono Alessandro”.
Alf: “Uè cià Alessà, come va?”
Ale: “Bene, grazie…”
Dopo aver passato 189 minuti con i soliti convenevoli, Alessandro viene al dunque.
Ale: “Ti ricordi che anni fa avevamo progettato di salire sul Grossglockner? Ci vogliamo provare quest’anno?”
Questa domanda mi ha pietrificato, salivazione si è azzerata, fiato corto, i battiti cardiaci a 3000…
Io rispondo timidamente emozionato: “FREEEEEEEEECHETE!”

In seguito ci siamo incontrati di persona per pianificare meglio l’uscita e per organizzare anche un eventuale piano B in caso di imprevisti.
A pochi giorni dalla partenza, si attua il piano B. Purtroppo tutti i rifugi Austriaci da Salisburgo a Vienna sono stracolmi.

Giovedì 19 settembre 2019.
Con il potente bolide del sig. TERMINATOR, attraversiamo l’Italia fino a Vigo di Fassa (TN).

Alle 15:00 in punto prendiamo la deserta cabinovia che in pochi minuti ci porta sullo stupefacente CIAMPEDIE (Campo di Dio).
È proprio una meraviglia qui, il panorama è mozzafiato, i rifugi lavorano tutti senza mettersi a vicenda i bastoni tra le ruote (anzi, collaborano), la gente si diverte, cammina, corre, va in bici etc.

Siamo a 1998m.
Purtroppo abbiamo ancora tanto da imparare!

Il gruppo del Sella con il Piz Boè tutto a sinistra (cioè, destra).

Ore 15:50, gambe in spalla.
Imbocchiamo la strada sterrata per il rifugio “Gardeccia”.
Il percorso è in leggera discesa perché dobbiamo raggiungere il fondo della valle.

Si vede anche la Mrmolada.
Ore 16:25, prima tappa, rifugio “Gardeccia”.
Ma mica è un rifugio questo! È un vero e proprio villaggio!
È incredibile come la gente di questo posto sia riuscita ad abbinare il turismo, anche di massa, alla montagna impattando minimamente con l’ambiente!

Abbiamo TROPPO da imparare noi!
Proseguiamo lungo la carrareccia.
Ora si che si impenna!

Con gli zaini pesanti tipo asini delle Ande, percorriamo lentamente la ripida strada brecciata che ci condurrà alle porte del Paradiso.
L’ambiente si fa via via più aspro, stiamo passando da i verdi alpeggi agli imponenti pinnacoli rocciosi.

Diverse sculture accompagnano il nostro cammino.
Siamo in vista del Rifugio Vajolet.

Anche qui ci sono due strutture vicine che non si ostacolano a vicenda.

Ma è così difficile copiare?

Siamo a 2243 metri. Ora abbandoniamo la traccia principale per prendere il ripidissimo sentiero verso E che sale lungo il canale che separa il massiccio principale del Catinaccio (S) dal resto delle altre vette “minori” (N).

Questo percorso è attrezzato con un cavo metallico.

Alzando lo sguardo cadiamo quasi di schiena tanto è l’imponente maestosità di questa montagna!
Cosa sono quelle guglie li? Saranno le “Torri”?
Procediamo lentamente non per la fatica o per il peso dei nostri mostruosi bagagli (bhe, un po’ si!) ma per ammirare ed immortalare nei nostri cuori questi gioielli della natura.

La teleferica che serve per portare i rifornimenti al rifugio.

Man mano che guadagniamo quota, la forma delle celeberrime “TORRI DEL VAJOLET” si distingue sempre di più.

Che emozione! Domani faremo come loro! (con un pò di attenzione si vedono gli omini in parete)

Ore 18:15, siamo finalmente al rifugio “Re Alberto” (2621m).

Prima di entrare diamo uno sguardo a ciò che abbiamo intorno.

Cena.

Si studia la via di domani.


Buonanotte.


Venerdì 20 agosto.
Sveglia con calma (ore 07:00). Inutile alzarsi prima, fuori è ancora molto freddo.

Colazione, preparativi e con pazienza attendiamo che sulla parete batta il sole.

Ore 09:00, come tre lumache curiose, usciamo fuori dal “guscio”.
Di fronte a noi questa spettacolare bastionata rocciosa che Madre Natura ha saputo pazientemente “scolpire” ad arte.

Una volta raggiunta la base della parete, traversiamo verso destra, ci imbraghiamo e iniziamo le danze.

Come al solito non sto a descrivere dettagliatamente tutti i tiri altrimenti starei qui fino all’anno prossimo.

Il facile canalone iniziale serve per scaldarci e per fare conoscenza con questa simpatica roccia dolomitica.

Purtroppo noi, non siamo alpinisti, ma mezzi terraponi che a stento parlano l’italiano.

Quando arrampichiamo sul Gran Sasso ci esprimiamo con dei versi di animali analfabeti, qui invece, siamo in Trentino e non conosciamo la lingua con cui si arrampica…speriamo che la parete ci capisce!
La prima sosta è sulla mastodontica cengia sotto la Torre Winkler.
(non fate caso al malloppo di corde)

Ora bisogna traversare sulla sinistra per portarci sotto l’attacco della Stabeler.
Con passi non difficili ma delicati, traversiamo uno alla volta.

Terminator mi sembra un furetto delle Dolomiti Valdostane Marittime.
Ecco che finalmente c’è anche un po’ di Gran Sasso!

Un caminetto infame schiumasangue che, come al solito, fa’ “abbottare” gli occhi.
Niente paura, siamo abituati a questo, anzi, ci troviamo a casa nostra!

Proseguiamo su difficoltà tra il III ed il IV.

Tutta la via è chiodata e le soste sono formate da catene di acciaio inox o anelli cementati.




Altri spettacolari scorci di questa fantastica via.


Esposizione.



Penultima sosta, una bella, comoda ed assolata cengia…quasi quasi ci facciamo un riposino!
Qui, altre due cordate ci raggiungono da vie diverse.

Partendo in maniera alternata, bene o male scaliamo anche quest’ultimo tiro.

Sicuramente è il più bello, il più esposto, il più panoramico, il più dolomitico di tutti.

Dalla cengia ci si porta sulla sinistra sul lato più esposto e si arrampica su roccia stupenda fino ad una forcella. Qui si prende fiato perché occorre superare un vertiginoso intaglio con una spaccata.
Ora la parete è bella dritta ma il grip è spaventoso.

Cucù!

Alle ore 12:20 tocchiamo i 2803m della Stabeler, la più alta delle torri del Vajolet.
Il nome di questa cima deriva dal suo primo salitore, l’allora celeberrimo alpinista “Artur Maximilian Benjamin Zopito Galliano Esposito”.
Ma cosa c’entra Stabeler?
Non loso, andiamo avanti.

La foto di vetta ufficiale.


Foto, foto, foto.

Panorami, panorami, panorami.

Piccolo omaggio a Federica e Serena.
Bhe, è ora di scendere.

Una guida del luogo ci consiglia di scendere in doppia dal gelido e vertiginoso versante nord fino ad una grossa cengia che ci avrebbe riportato all’intaglio tra la Stabeler e la Delago.


Ok, andiamo.

Una volta sul masso incastrato tra le due torri, vai con altre due spaziali doppie.


Con i piedi appesi nel vuoto, sci caliamo come astronauti psichedelici che affrontano l’oblio dello spazio in balia ad una tempesta cosmica che ci trasporta verso un periodo ancestrale che delimita il sottile filo conduttore che tiene unita ma a debita distanza la fragile barriera che separa la confusa realtà quotidiana dalla distorta e surreale dimensione parallela.

Torniamo con i piedi per terra và!

E anche con la testa!

Ok, alle 15:09 siamo di nuovo a terra ed alle 15:20 al rifugio “Re Alberto”.

Salute.
A domani per il secondo round.


La via di oggi.

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Articolo del 20 Feb 2020 by Alfredo
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